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Landscape with Tears (2014) - Die Schachtel

music by John Dowland, Gyorgy Kurtag, Peter Eotvos, Mary Jane Leach,

Gavin Bryars, Howard Skempton, Juste Janulyte

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Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

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AUTO INTERVISTA

- Perchè tanta tristezza?

- Non è la tristezza che ho cercato in questo progetto, ma la malinconia. Si può sicuramente piangere per disperazione, però a volte le lacrime sgorgano per commozione. Anche la bellezza può evocare commozione. In questo caso è stata la musica a guidarmi nel percorso. Ho seguito il mio cuore e il mio istinto, come sempre. Del resto anche Robert Burton nell’Anatomia della Malinconia ne descrive gli effetti benefici sul piano creativo...

- Come nasce il progetto?

- Ultimamente ho elaborato una convinzione riguardo ai miei progetti: quella di regalare a chi li ascolta un momento speciale di riflessione. Per questo m’interessa attingere a un’area musicale extra-ordinaria piuttosto che al ricco repertorio flautistico, fondamentalmente perchè non intendo compiere un’operazione esclusivamente musicale, ma cercare di assemblare una piccola opera d’arte. Può sembrare presuntuoso, in realtà mi accosto a questo ideale con grande umiltà e semplicità, seguendo il percorso di un piccolo rituale domestico.

- Perchè Dowland?

- John Dowland è la sintesi perfetta di questa ricerca. Una musica sperimentale nelle armonie e con una struttura formale avanzata per il suo tempo. Le Lachrimae sono state concepite comevariazione di una variazione. Ognuna delle Lachrimae è un adattamento diverso della stessacanzone dello stesso Dowland, Flow my Tears. Questa musica è fuori dal tempo: essendo totalmente astratta, rimane congelata nella sua perfezione. Più che delle variazioni le definirei delle divagazioni. Per questo non ho avuto paura di affrontare questa musica senza presunzioni filologiche, semmai accostando ad essa i suoni del mio tempo, per sentirla ancora più mia.

- Un tuffo nel passato?

- Direi un salto nel passato-futuro. E poi questo mi permetteva di fare un collegamento diretto a Michel de Montaigne, la cosa che m’interessava di più. Come molti sapranno, Montaigne visse gli ultimi venti o trent’anni della sua vita scrivendo un libro(i Saggi)  in cui sovvertiva le regole della ricerca filosofica. In questo libro la filosofia è stata trasformata in una pratica esistenziale. La metodologia è quella del vivere e lo stupore che nasce dal confuso accostamento degli argomenti che Montaigne fa nei suoi Saggi rende la sua scrittura così speciale. La normalità intesa nella pratica rituale domestica può avere la sua forza anche nella pratica artistica ma... adesso sto davvero divagando, il che, parlando di Montaigne, non può che essere una formidabile coincidenza...

- Andiamo nello specifico: come inizia tutto?

- Qualche anno fa avevo preparato un arrangiamento di un brano di György Kurtág, Ligatura- Message to Frances-Marie, una perla di saggezza e di bellezza. Non potevo resistere, amavo troppo questa musica. Così ne ho fatto un arrangiamento per doppio coro di flauti, ho registrato e ho inviato in copia a Kurtág, per gioco naturalmente, senza alcuna aspettativa. Invece dopo qualche mese ho ricevuto una telefonata da Kurtág in persona (pensavo a uno scherzo...) che m’incitava ad andare avanti nel mio lavoro con la sua musica. Così abbiamo iniziato a collaborare e la cosa è andata avanti per qualche anno. Ogni tanto spedivo dei nuovi arrangiamenti e dopo qualche settimana ci sentivamo telefonicamente per commenti e suggerimenti. Ho selezionato circa quaranta brani tratti principalmente dalla raccolta pianistica Jatékók, tutti sono stati elaborati e trascritti, poi registrati voce per voce e montati nel mio studio. Un lavoro da pazzi, molto gratificante. Di tutto questo rimane un’esperienza profonda con questa musica; solo due di questi brani sopravvivono a questa mole immensa di lavoro.

- Dimmi qualcosa riguardo l’unico lavoro originale di questo progetto.

- Conosco molto bene la musica di Mary Jane Leach che ha un profondo attaccamento al passato. In realtà Mary Jane è una compositrice di avanguardia ma la sua esperienza nella musica antica è stata determinante a cogliere il senso di questo lavoro, Dowland’s Tears, dove il cuore e l’emozione della sua musica sono mediate attraverso quella di Dowland. In realtà questa composizione è una forma di meta-composizione che utilizza il linguaggio di Dowland, ma che è integralmente di Mary Jane Leach. Vorrei aggiungere che questo pezzo, nonostante lo abbia suonato molte volte, possiede una magia: quella di emozionarmi ogni volta come se fosse la prima. Allo stesso modo Psalms della compositrice lituana Juste Janulyte, si pone come un’immagine sonora in movimento che ruota cambiando ogni volta la prospettiva intorno a un tessuto armonico in costante mutazione. Penso che questa musica abbia una forza speciale, cioè di coinvolgere emotivamente e fisicamente l’ascoltatore fino all’ultima nota del brano. Un’emozione forte, fisica, tattile. E’ un brano che rivela una serena disperazione. Un coro di singole voci che aspirano a un contatto per cantare insieme. Un curioso esempio solitudine collettiva. C’è una stretta connessione nel lavoro di queste due donne, ognuna con la propria cifra stilistica ma con un comune senso d’intimità e di passione per la malinconia.

- Come si inserisce la musica di Peter Eötvös in questo contesto?

- Difficile dire quanta importanza ha rivestito la musica di Eötvös nella mia formazione. Questo signore ha fatto la storia, prima come collaboratore instancabile di Karlheinz Stockhausen nelle sue sperimentazioni più radicali, poi come direttore d’orchestra tra i più acclamati al mondo e contemporaneamente come compositore di successo. La sua musica conserva la storia e la tradizione mittel-europea con quella vena di tristezza che ha sempre contraddistinto questa cultura. Non è un caso che in questo programma due autori siano ungheresi e due lituani. Derwishtanz è stato scritto originalmente per tre clarinetti; in questo progetto con l’aiuto e l’autorizzazione di Peter ho curato una versione per quattro flauti con alcuni piccoli accorgimenti rispetto all’originale.

- Ho l’impressione che in questo disco tu abbia espresso una concezione mistica del dolore. Non è così?

- Difficile rispondere. Il nostro misticismo è culturalmente venato di sofferenza. Questo è evidente in una concezione spirituale e religiosa del dolore, ovviamente legata alla tradizione della Passione di Cristo, ma ritrovo lo stesso effetto anche in una concezione laica come la mia.

- Quale ragione ti ha spinto a lavorare con il video per questo progetto nella sua versione dal vivo?

- Il video è uno strumento particolarmente efficace a esaltare le emozioni e le sensazioni auditive. L’industria discografica oggi non potrebbe concepire la promozione di un disco commerciale senza l’aiuto di un videoclip. Perchè mai dovremmo privarci di un simile straordinario strumento di comunicazione? Personalmente non intendevo decorare ma raccontare, creando delle connessioni forti e a volte imprevedibili tra la musica e le immagini. Alcuni dei video sono stati creati con immagini che ho registrato in giro per il mondo, altre sono state raccolte dal web, altre ancora sono state riprese in viaggio da mia moglie Paola e da mio figlio, Ariele. Ho cercato di rappresentare alcuni protagonisti del mondo contemporaneo che si ritrovano nudi e spogliati del loro potere mediatico in situazioni epocali. La loro inevitabile reazione di crollo rivela la fragilità del nostro essere, la nostra umanità. Non sono un professionista del video ma in questo caso non ho voluto delegare qualcuno che avrebbe avuto sicuramente molte più chances di fare un prodotto tecnicamente professionale. Intendevo soltanto espandere la mia sensibilità rispetto alla musica che ho scelto di suonare, toccando delle corde che non avevo mai sfiorato prima. E’ stato un modo di approfondire il mio livello di compenetrazione con la musica stessa e di scrivere un diario intimo. Un piccolo regalo a me stesso.

M.Z.

AUTO INTERVIEW


- Why so sad?
- It’s not the sadness that I looked for in this recording particularly, but the melancholy. One can definitely cry for desperation, but sometimes tears flow for the emotions. Even beauty can evoke poignancy. In this case it was the music that guided me along the path. I followed my heart and my instincts, as always. Moreover, even Robert Burton in The Anatomy of Melancholy describes its beneficial effects in terms of creativity...
- How did the project start?
- Lately I have developed a conviction about the cd's that I make: to present a special moment to those who listen to them. For this reason I don’t often dip into the flute repertoire...rich as it is, basically because I'm not interested in working on an exclusively musical project, but indeed to construct a small work of art. It may seem presumptuous, but in a way I approach this goal with great humility and simplicity, following the codes of a small domestic ritual.
- Why Dowland?
- Dowland is the perfect synthesis of this research. Experimental music in harmony with an advanced formal structure. The Lachrimae have been conceived as a variation of the variations. Each Lachrima is an adaptation of the same song by Dowland, Flow My Tears. This music is timeless: being totally abstract, it remains frozen in its perfection. Rather than variations I would prefer to say digressions. For this reason I was not afraid to face this music without a philological attitude, but pushed it forward mixing it in with the sounds of my time to feel it even more mine.
- A blast from the past?
- I would say a jump into the past-future. This allowed me to make an express link to Michel de Montaigne, the thing that most interested me. As many people know, Michel de Montaigne spent the last twenty or thirty years of his life writing a book in which he subverted the rules of the philosophical enquiry. In this book, philosophy has been transformed into an existential practise. The methodology is the art of living and the wonder that comes from the confused combinations of the topics that Montaigne focuses on in his Essays makes his writing so special. Normality meant as a domestic ritual practise could have its own strength even in artistic processes but...now I'm really rambling, which, speaking of Montaigne, can only be an extraordinary coincidence...
- Come on, specifically: how did it all start?
- A few years ago I prepared an arrangement of a piece by György Kurtág, Ligatura-Message to Frances-Marie, a pearl of wisdom and beauty. I could not resist, I loved the music so much. Therefore, I made an arrangement for a double chorus of flutes, I recorded and I sent a copy to Kurtág, for fun of course, without any expectations. But after a few months I got a call from Kurtág in person (I thought it was a joke...) that urged me to go on in my work with his music. So we started to collaborate and that has been going on for a long period of time. Every now and then I sent new arrangements and a few weeks later we discuss them over the telephone, commenting and suggesting. I selected about forty pieces mainly from the collection Jatékók for piano, they were all transcribed and recorded in my studio. Insane work, but very rewarding. What remains is a deep experience with this music and in fact only two of these pieces survive on the CD of this huge work.
- Tell me something about the only original work of this project.
- I never met Mary Jane Leach personally, we always communicated through email, but I know that her music has a profound link with the past. Mary Jane is an avant-garde composer, but her experience in early music was crucial to an understanding of this work...Dowland's Tears...the heart and the emotions of her music through Dowland’s. This piece is a form of meta-composition that might sound like Dowland but totally belongs to Mary Jane Leach. I should add, that this piece, despite having played it many times, has a power that moves me almost to tears every time I hear it. At the same time Psalms, the piece by the lithuanian composer Justé Janulyté, stands as a moving image, rotating itself and changing the perspective every time around the harmonic texture. I think this music has a strong power, that is to create a feeling and follow the listener until the very last note of the piece. A strong, physical, touchable emotion. I would say, it’s a piece for a serene desperation, a choir of single voices that attempt to sing together. A piece for loneliness. There’s a strong connection between the music of these two women, even with very different styles but with the same intimate and passionate feeling for melancholy. Also in this case the piece, originally written for cello and tape, was transcribed for eight bass flutes.
- How did you meet  Bryars?
- I met Gavin Bryars with Alter Ego (the ensemble with which I have been working for many years) when we performed The Sinking of the Titanic together. Two Lines was originally written for two recorders: I have done nothing but replace the instruments with two flutes. On the other hand this music aspires to a kind of purity and the instrumental choice could be a mere detail. Even the great J. S. Bach came to the same conclusion with the Art of Fugue, right?
- Yes, but you're not afraid to betray the author's intentions in this way?
- In my case, I always place my projects in the composer’s hands, looking for suggestions and modifications in order to arrive at a complete satisfaction to both.
- Is there a reason in the choice of Skempton compared to Kurtág?
- Certainly. Like Kurtág, Skempton tries to cut out an entire world within a formal moment. An instant that aspires to infinity. Since the beginning, Skempton has experimented with writing more than just aphoristic pieces. Many of his works do not last more than a minute in duration, but what remains can last for weeks. I have the highest estreem for this composer: back when no one would have imagined he claymed with strength and courage his own  independence from the post-structuralist avantgarde. At that time those who didn’t side with the choir risked to stay out from the artistic community. Recessional is an open piece, without any instrumental choice, even if the succession of simple triads chords seem to allocate its performance towards a keyboard instrument. Autumn Waltz is rather an old piece originally designed for two horns. Howard himself seemed surprised about the choice of this old piece. Recently I had the great pleasure to perform in concert some of his pieces together with Howard, it was a joy that I’ll never forget.
- So how exactly would you describe the music by Peter Eötvos in this context?
- It's hard to say just how important the music of Eötvos was in my training. This gentleman has made music history, first as a collaborator of Karlheinz Stockhausen in his most radical experiments, then as a conductor, indeed among the most acclaimed in the world and at the same time a successful composer. His music preserves the history and tradition of central Europe with that rich vein of sadness that has always belonged to this culture. Derwishtanz was written originally for three clarinets, but for this recording I edited a version for 4 flutes with some small adjustments which were agreed and authorized by the author.
- I feel that on this record you have expressed a mystical conception of pain, is that correct?
- Difficult to answer. Our mysticism is culturally tinged with pain. This is evident in a spiritual and religious conception of pain, obviously linked to the tradition of the Passion of Christ, but it finds the same result in a secular concept such as mine.

 

 

LANDSCAPE WITH TEARS (Die Schachtel 2015)

Andy Hamilton, The Wire Magazine

It's melancholy rather than sadness that flautist Manuel Zurria looked for on this recording, informed by the digressive brilliance of French philosopher Michel de Montaigne. Landscape threads quirky variations – "digressions", Zurria calls them – on John Dowland's "Lachrimæ or Seaven Teares figured in Seaven Passionate Pavans" (1604), with transcriptions of mostly short pieces by Kurtág, Gavin Bryars, Peter Eötvös, Howard Skempton and others. "Lachrimae" was a popular lute piece, on the cusp of functional dance music, and abstract instrumental music; the seven pavans, developed from the initial "falling tear" motif, represent a journey from despair to redemption. Mary Jane Leach's achingly plangent "Dowland's Tears" (2011) for ten flutes, and eerie "Trio for Duo" (1985) for four alto flutes and four voices, were written specially for the project. Other pieces were arranged by Zurria in discussion with the composer. Kurtág's "Ligatura – Message to Frances-Marie" (1990) gets a lingering, breathy interpretation for flute choir and celesta – like daubs of paint smeared across glass. The disc closes on Juste Janulyte's haunting "Psalms" (2014), in a version for eight bass flutes. Tearful voices dubbed into the "Lachrimae" include President Lula of Brazil, and North Korean TV announcing the death of Kim Il Sung. A richly rewarding and cleverly subversive disc.

Soundohm

At his third release for Zeit Composer Series, the talented Italian flute player Manuel Zurria has given birth to some of the most heartbreaking music ever published by Die Schachtel. A moving and incredibly clever transcription for flutes, glass and electronics of John Dowland's 1604 masterwork Lachrimae functions as the thread between a stunning and totally rewarding series of pieces by György Kurtag, Peter Eötvos, Gavin Bryars, Mary Jane Leach, Howard Skempton, closing on a composition especially written by Juste Janulyte for this record. This CD is the living proof that contemporay music can be intoxicating.

Mimaroglu

Third recital set from the Italian Flute virtuoso Manuel Zurria, centered around dovetailing segments of John Dowland's Lachrimae suite around pieces by Peter Eötvos, Howard Skempton, Gavin Bryars, Mary Jane Leach, György Kurtag, and Juste Janulyte. Largely modal pieces rendered via multi-track processes that yield rich canons of lilting sine-tones; quite beautiful.

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Look at the documentary by Tv Classica of  Landscape with Tears' performance  at 'O Artoteca, Milan.

Look at the video of a live performance of Psalms by  Juste Janulyte

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